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28 Mar 17

Intervista a Maurizio Focchi Ad della Focchi Spa, società di Poggio Torriana (Rimini) specializzata nella realizzazione di involucri per edifici. L'azienda ha chiuso il 2016 con un fatturato di 50 milioni di euro e ha prospettive di crescita per i prossimi anni.

Può descriverci l’identità, la storia e i valori che hanno guidato e guidano l’azienda?

L'azienda opera dal 1914. Io rappresento la terza generazione e siamo quasi pronti per la quarta. Siamo partiti con mio nonno che faceva il fabbro e lavorava il ferro, in particolare aratri, poi negli anni '50 abbiamo inserito l'alluminio per le finestre e le porte per il mercato locale degli alberghi. Negli anni '80 io e mio fratello Paolo (Presidente dell'azienda ndr), in un momento di crisi del mercato, siamo passati dalle finestre alle facciate continue di vetro. Negli ultimi anni abbiamo lavorato molto per personalizzare il nostro prodotto, e per differenziarci collaboriamo con architetti che creano pezzi unici.

Qual è la peculiarità dei vostri prodotti e quali sono le ragioni del loro successo?

I nostri prodotti sono fatti su misura, uniamo capacità di design e progettazione: riusciamo a portare a livello industriale progetti di architetti che a volte hanno forme strane, realizzandoli con i materiali e le caratteristiche che il cliente desidera. Le ragioni del successo sono quindi la grande capacità di progettazione, la cura del dettaglio, quasi artigianale, e la capacità di management nel gestire grandi progetti.

Quali sono le strategie di crescita, le sfide e la vostra vision per il futuro?

Puntiamo a entrare in un nuovo mercato, gli Usa, e a offrire una gamma di prodotti sempre più ampia, inserendo nelle facciate elementi di efficienza energetica, sia nei progetti nuovi che nei restauri.

Quanto è strategica per voi l’innovazione?

Facciamo innovazione costantemente: c'è sempre qualcosa di nuovo, in ogni progetto, ad esempio per la Torre Isozaki a Milano abbiamo realizzato grandi vetri curvati a freddo per abbattere i costi e mantenere la qualità. Pensando all'innovazione nel lungo termine, invece, cerchiamo di guardare al settore in modo ampio: ora con l'efficienza energetica, ora con l'Internet of Things, ad esempio per controllare da remoto le facciate.

Cosa vuol dire per voi oggi “internazionalizzazione del business”: export, delocalizzazione, partnership o tutto questo insieme?

Noi non delocalizziamo, anche per la grande qualità della manodopera e dei materiali impiegati in progetti fatti ad hoc. Negli anni abbiamo lavorato in molti paesi ma poi abbiamo deciso di concentrarci in pochi stati dove ora siamo forti e ci sentiamo a casa. La nostra filosofia è quella di focalizzarci in modo forte su pochi mercati.

Quali sono i mercati più importanti oggi e quali quelli a cui guardate con maggiore interesse nel medio lungo termine?

Ora siamo in Italia e in Inghilterra ma abbiamo lavorato in molti altri paesi. Ci siamo concentrati in questi due mercati perché abbiamo capito che in questo settore bisogna essere forti in poche realtà. Nei prossimi due anni, inoltre, abbiamo deciso di puntare sugli Usa, partendo da New York.

Qual è stato il momento, l’occasione o il progetto più importante per l’azienda e per il suo consolidamento?

Un momento importante è stato circa 20 anni fa, quando abbiamo deciso di entrare nel mercato inglese che, al momento, per noi è il più importante, perché qui la qualità della produzione italiana, sia tecnologica che creativa, viene premiata più che in altri mercati.

Cosa vuol dire per voi far parte del progetto Elite Growth?

Da un lato ci interessano i temi trattati, e dall'altro il contatto con altre aziende che può stimolare nuove idee. Per questo è interessante sia il confronto con i relatori che con le imprese partecipanti. Un altro tema importante è la formazione, perché anche un imprenditore ha il costante bisogno di imparare.