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24 Oct 17

TRA I SETTORI TRAINANTI FARMACEUTICA, COMPONENTISTICA AUTO, ELETTRONICA E AGRO-ALIMENTARE.

Obiettivo dell’Associazione – dichiara il Presidente di Confindustria Bari e Barletta-Andria.Trani, Domenico De Bartolomeo - è contribuire a orientare le imprese verso una gamma più articolata di strumenti di finanziamento, con un’estensione del campo dei possibili soggetti finanziatori,
Nel nostro sito diamo voce a tutti i vertici delle associazioni territoriali di Confindustria, in concomitanza con gli appuntamenti del road show per promuovere il progetto Elite organizzato dalla Confederazione.

Quali sono i punti di forza del vostro tessuto imprenditoriale?
Un indubbio punto di forza dell’economia di Bari e Barletta-Andria-Trani è la diffusione omogenea delle attività imprenditoriali sul territorio. A ciò si aggiunge il fatto che si tratta di un’economia ben diversificata, che intreccia attività agricole, industria, artigianato, costruzioni,  terziario avanzato, trasporti, commercio e attività creditizia, libere professioni, Pubblica Amministrazione, turismo.  In questo scenario, l’industria manifatturiera svolge un ruolo trainante.  E’ un’industria composta in prevalenza da PMI,  che animano dinamici distretti industriali, e che interagiscono con grandi realtà multinazionali, società statunitensi, canadesi, tedesche, nipponiche. Un altro elemento da non trascurare, è il fatto che lo sviluppo tecnologico della regione possa contare sulla presenza dell’Università e del terzo Politecnico italiano.

Quante sono le aziende e gli addetti?
Le aziende registrate lo scorso anno erano oltre 150mila unità con quasi 400mila addetti  in provincia di Bari e circa 100mila nella provincia di Barletta-Andria-Trani.

Quali sono le specializzazioni del territorio?
La gamma di attività imprenditoriali dell’area metropolitana di Bari e della provincia Barletta-Andria-Trani è, come già accennato, molto ampia e diversificata, attiva tanto nel Made in Italy quanto nei settori High Tech. Nell’area barese spiccano, ad esempio,  i Poli dell’Agroalimentare e della Meccatronica, che, negli ultimi anni, si sono distinti fra i distretti italiani per le performance dell’export;  la provincia di Barletta-Andria-Trani ha un distretto della Moda e delle Calzature, che, innalzando il contenuto tecnologico dei prodotti, ha saputo risollevarsi dalla concorrenza dei Paesi emergenti, così come sta facendo anche il polo del Salotto della Murgia barese, che, dopo decenni di leadership mondiale, ha patito gli effetti della globalizzazione ma oggi si avvia a una fase di rilancio trainata dall’export.  Non mancano attività emergenti, come la filiera della Sanità, con le sue cliniche, le sue produzioni farmaceutiche e biomedicali d’avanguardia. Al tessuto manifatturiero, si lega, poi, nel nostro territorio un forte settore dei servizi alle imprese, con realtà leader nell’Information Technology.  Storicamente consolidata è poi l’industria delle Costruzioni, specializzata nella realizzazione sia di opere pubbliche, sia di edilizia residenziale. Forte della sua tradizione, questo settore si sta oggi impegnando in nuove sfide, come quella dell’edilizia sostenibile e della rigenerazione urbana.  A completare il quadro non può, infine, mancare un cenno al Turismo, che particolarmente nel Salento e in aree come la Valle d’Itria, ha conosciuto in questi anni una crescita esponenziale, e che presenta anche nell’area di Bari e Barletta-Andria-Trani ulteriori potenzialità ancora da valorizzare, come, ad esempio,  nel segmento business, congressuale, termale e dei ricevimenti di nozze.

Cosa vorreste fare per essere un ecosistema sempre più solido e competitivo?
Vorremo riuscire a incidere sulla efficienza della macchina burocratica. Noi crediamo che occorra una grande opera di riorganizzazione della macchina pubblica, che possa finalmente dare alle imprese regole certe, risposte chiare, procedure veloci. Per ciò che ci riguarda, sarà nostro impegno collaborare con gli enti locali per raggiungere questo obiettivo. Noi lavoreremo inoltre per un cambiamento  reale del rapporto fra la politica e la comunità locale, impegnandoci perché il confronto con il partenariato non sia più solo un rito formale, ma un autentico laboratorio di idee e di cambiamento.

Quali sono, secondo lei, i principali ostacoli alla crescita delle piccole e medie aziende?
Molti sono gli ostacoli di contesto che pesano sulla crescita delle nostre imprese, dal peso della burocrazia che ho appena menzionato alle difficoltà del trasferimento tecnologico dal mondo accademico verso le imprese. Molto pesa anche la debolezza degli investimenti pubblici che nel 2016  hanno toccato al Sud il punto più basso della serie storica, appena 13 miliardi. Un altro fondamentale ostacolo alla crescita delle PMI risiede invece nei limiti della nostra cultura imprenditoriale, che oggi è chiamata a fare un deciso salto di qualità, particolarmente in tema di crescita dimensionale, di digitalizzazione e di internazionalizzazione. Abbiamo bisogno di compiere un forte investimento in conoscenza,  anche facendo ricorso a competenze esterne.

Quanta familiarità hanno le aziende del territorio relativamente al mercato dei capitali inteso come alternativa al finanziamento bancario?

Il credito bancario continua a rappresentare ancora per le nostre imprese il principale strumento di finanziamento. Questo denota una limitata cultura finanziaria nel sistema produttivo locale. Noi ci stiamo impegnando per promuovere la conoscenza di canali di finanziamento non bancari sostenendo la diffusione del progetto Elite di Borsa Italiana e percorsi formativi per gli associati. Il nostro intento è contribuire a orientare le imprese verso una gamma più articolata di strumenti di finanziamento e ad un insieme più ampio e composito di possibili soggetti finanziatori, a titolo sia di debito, sia di rischio.

Le aziende, secondo lei, sono pronte al cambiamento e ad aprirsi al mercato aderendo al progetto ELITE?
Rispetto al recente passato, oggi riscontriamo fra i nostri associati maggiore interesse per l’adozione di vere strategie finanziarie e per processi di crescita evoluti.  Si tratta naturalmente di un numero ancora limitato di aziende più avanzate e competitive, ma siamo fiduciosi che queste possano fare da  battistrada per le altre.
Le aziende del territorio si stanno internazionalizzando e facendo acquisizioni all’estero?
L’apertura all’estero è stata vitale per le imprese anche qui a Bari e nella provincia di Barletta-Andria-Trani.  E’ noto, infatti, che è stato proprio grazie allo sforzo di internazionalizzazione compiuto negli ultimi anni dagli imprenditori se molte aziende sono sopravvissute alla crisi. Basti pensare che  in tutto il lungo periodo che va dal 2008 al 2016,  il nostro export regionale è cresciuto del 6,8%, nonostante la crisi, e nonostante il crollo della metallurgia legato alla crisi dell’ILVA. In questo sforzo di internazionalizzazione, l’area di Bari è stata una protagonista assoluta: con valori esportati pari a 3,9 miliardi di euro, essa rappresenta circa la metà delle esportazioni della regione. Dal 2008 al 2016 l’export barese è aumentato dell’8,8%, frenato, solo in parte, dalle difficoltà incontrate da sistema moda e mobili. Ottime performance sono state ottenute inoltre in alcuni settori ad alta e medio-alta tecnologia (farmaceutica, componentistica auto, elettronica) e dall’industria agro-alimentare. Complessivamente le esportazioni di questi settori da soli sono aumentate del 50%, pari a quasi 700 milioni di euro di valori esportati in più tra il 2008 e il 2016. Anche in tema di acquisizioni all’estero si stanno facendo alcuni progressi. A far da apripista è però  ancora un novero limitato di aziende più strutturate.

Quali sono i fattori che hanno consentito di farlo e quali sono quelli che permettono di farlo di più?
La forte domanda di Made in Italy sul mercato mondiale ha senza dubbio aiutato molte delle nostre PMI dell’Agroalimentare e della Moda ad affermarsi all’estero. Va tuttavia considerato che talvolta gli affari con l’estero delle nostre aziende  nascono da occasioni fortuite, che capitano in circostanze legate alla  prossimità  e non derivano da vere e proprie strategie di internazionalizzazione. Per poter cogliere le grandi opportunità che offrono nuovi mercati  non bastano più però le occasioni contingenti: si rende invece necessario un autentico  sforzo di strategia aziendale. Disporre di strumenti si sostegno che possano aiutare le PMI in questo sforzo strategico è a mio parere un tema fondamentale.